Rimani a scuola

Si fa un gran parlare di abbandono scolastico

Perchè si lascia al scuola

Chi insegna ha un quadro, anche se parziale, del problema. Gli abbandoni scolastici sono sicuramente in aumento, soprattutto in alcune scuole e spesso, di fronte a questo problema, l’istituzione si trova senza risorse. Quel che è grave è che i ragazzi abbandonano la scuola non solo nel biennio ma anche nelle classi successive anche solo qualche mese prima di arrivare all’esame di maturità.
Perché si lascia la scuola? Spesso i motivi sono diversi: la scuola scelta non è quella adatta, i professori sono noiosi, le materie sono difficili, troppe insufficienze, poca voglia di studiare, ma spesso dietro a questi ragazzi non c’è una famiglia alle spalle che fa da supporto alle difficoltà. Quando invece la famiglia c’è, e il ragazzo si rifiuta di proseguire gli studi, cosa si può fare? Legare il figlio e portarlo di peso dentro l’edificio scolastico? Ha senso? Metterlo in un collegio? Che cosa scatta nella mente di un ragazzo quando decide che non vuole più andare a scuola?

La storia di Pietro

Pietro, un ragazzo che quest’anno frequentava la seconda superiore in una scuola di Trieste, ad un certo punto non è più venuto a scuola. Un ragazzo intelligente, sveglio, che però non aveva voglia di studiare. “Prof, io preferisco lavorare con mio zio come muratore. Chi me la fa fare di venire qui? E poi le materie non mi interessano. E’ vero, ora fatico, ma almeno ho dei soldi e sono indipendente. Mia mamma voleva che continuassi, ma proprio non ce la facevo ad alzarmi tutte le mattine, fare i compiti, portare i libri. Non si ricorda anche lei che non avevo mai il materiale e i miei quaderni erano un disastro? Chissà, magari il prossimo anno mi iscrivo di nuovo qui, ma per il momento non se ne parla neppure. La ringrazio per il suo interessamento ma, mi creda, è meglio così”.
Frasi queste che fanno pensare: Pietro è un ragazzo intelligente che potrebbe studiare ma che ha deciso che la scuola non fa più per lui.

La storia di Maria

C’è anche Maria, che viene dal Brasile e che giunge a scuola a metà anno scolastico, perché vuole continuare le scuole in Italia, visto che una parte della sua famiglia vive ancora qui. Quando Maria arriva in classe porta con sé un pezzo della sua terra. Maria non ha difficoltà con la lingua italiana, perché in Brasile parlava tutti e due gli idiomi. Maria ha difficoltà con il sistema scolastico che c’è in Italia che, rispetto a quello brasiliano, è, a detta sua, molto più irreggimentato, dove esiste una separazione tra docente e studente, dove non ci si dà del tu, dove si mantengono le distanze, dove un professore non invita a casa sua gli studenti perché sarebbe fuori dalle regole. Maria resiste ben poco in Italia, perché si sente schiacciata. A nulla servono i discorsi di alcuni suoi insegnanti che cercano di indurla alla ragione, che le spiegano che all’inizio il cambio è sempre molto difficile, che abituarsi ad un altro sistema comporta delle difficoltà. Maria capisce, ma il suo cuore non ce la fa, e riparte, ritorna in Brasile per continuare lì i suoi studi, con grande rammarico di alcuni insegnanti che avevano compreso il valore della sua presenza in classe.

La storia di Tommy

Ma c’è anche Tommy, un ragazzo con tutte le carte in regola per riuscire nello studio peccato che, per una serie infinita di motivi, non ce la fa a proseguire. Sarebbe stato importante per lui, ma niente da fare. Tommy spera di sfondare nel mondo della musica e per lui venire a scuola è del tutto facoltativo. Per venire a scuola occorre una certa determinazione, una motivazione, che non tutti possiedono e non può essere certo iniettata in vena o sperare che un giorno arrivi per grazia divina.

La storia di Sonia

Infine c’è Sonia, una ragazza silenziosa, un po’ introversa e con una situazione scolastica non certo rosea. Dopo una settimana d’assenza a scuola l’insegnante coordinatrice si preoccupa e chiama la famiglia. Al cellulare non risponde mai nessuno e nemmeno al fisso. I compagni di classe, interpellati, dicono che Sonia non verrà più a scuola. L’insegnante continua a telefonare a mandare mail senza alcun risultato. Allora chiede alla segreteria di inviare a casa una lettera per informare la famiglia. I giorni passano ma non arriva nessuna risposta. La professoressa allora prova a telefonare sul cellulare della ragazza che, dopo vari tentativi, le risponde e le comunica che manderà una lettera alla scuola per informare del suo ritiro e il passaggio ad un’altra scuola per il prossimo anno scolastico. La professoressa non crede a quello che sente. “Ma non potevi cercare di finire almeno l’anno scolastico? Perché gettare la spugna in questo modo?
“Prof, mi dispiace, ma in quella scuola proprio non ci potevo più stare. Mi dispiace. La ringrazio però per avermi telefonato. Magari passo a trovarla. Mi stia bene.”

Riflessioni

Quattro casi in una sola classe sono davvero tanti. Troppi. Considerando poi eventuali bocciature, che non mancano mai, una classe decimata. 

Ma se l’abbandono scolastico avviene per il passaggio da una scuola all’altra, i danni sono arginabili, anche se un anno di scuola perso è pur sempre un anno che nessuno restituisce. Il peggio è quando l’abbandono avviene a fronte di un nulla, cioè a fronte di una non scelta, a fronte di un ragazzo che decide proprio di chiudere con l’istituzione scuola. Per questi ragazzi che futuro si prospetta? Se entrare nel mondo del lavoro con una specializzazione è difficile, figuriamoci per chi è in possesso solo del diploma di terza media, quindi senza una cultura adeguata e in mancanza totale di una specializzazione.

E’ vero che rimangono sempre le conoscenze, ma anche queste diventano sempre più rare. Il lavoro nero e quello sottopagato restano, spesso, le uniche possibilità.

Le perdite

Ma il problema non è solo per chi va via, ma anche per chi resta. Questo aspetto spesso non viene assolutamente considerato. Qualcuno si è mai chiesto come si sentono i compagni di quella classe nella quale se ne sono andati ben quattro componenti? Quali sono gli stati d’animo e le aspettative frustrate di chi resta?

Giovanni era compagno di classe di Tommy, Paolo e Maria. Era arrivato in quella classe dopo aver superato lo shock di una bocciatura. Aveva ricominciato l’anno con un certo entusiasmo, sostenuto anche dai nuovi compagni. Quando questi se ne sono andati, Giovanni è cambiato, ma i professori non sono riusciti a collegare direttamente gli eventi, fino a quando un giorno, Giovanni, messo alle strette ha urlato: “Ma cosa pensate che sia semplice per me? L’anno scorso sono stato bocciato, poi quest’anno mi sono ritrovato in questa nuova classe con questi compagni che mi hanno aiutato un sacco e poi … poi se ne sono andati. Pensate sia facile per me? Io parlavo con loro, ci trovavamo, discutevamo ci aiutavamo … e adesso loro non ci sono più. Voi non immaginate nemmeno come mi senta. Vorrei andarmene anch’io”

Non è solo un problema di chi se ne va, è anche un problema di chi resta, della classe che deve assorbire il colpo, deve ricostituire un nuovo equilibrio, deve elaborare il lutto, perché di lutto pur sempre si tratta.

Conclusioni

Ecco perché diventa sempre più importante per una scuola contrastare il cosiddetto fenomeno del drop out, con sistemi preventivi atti a limitare le scelte sbagliate e ad indirizzare gli studenti verso una scelta scolastica adeguata che tenga conto delle loro reali capacità.

Diventa indispensabile allora, all’interno della scuola, la figura di uno psicologo, per aiutare i ragazzi che si approcciano per la prima volta agli studi della scuola secondaria di secondo grado, ma anche per supportare le famiglie che, spesso, in questo difficile compito, sono lasciate da sole. Se poi all’interno della scuola si svolgessero anche dei corsi di sostegno ai ragazzi in difficoltà sarebbe veramente il top. E molte scuole si stanno già attivando in tal senso.

Claudia Giacomazzi – claudiagiacomazzi@gmail.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *